Il decreto-legge 26/10/2019 n. 124 è stato convertito in Legge (L. 19/12/2019 n. 157) con una importante novità per quanto riguarda la rinegoziazione dei mutui in favore di quei consumatori che abbiano già subito un pignoramento della prima casa da parte della banca.
Vi sono però delle precise condizioni che devono ricorre tutte insieme per poter accedere alla procedura di rinegoziazione, vediamole di seguito:
1 Il debitore deve essere qualificabile come consumatore ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206; deve essere pertanto una persona fisica che ha contratto il mutuo come privato e per scopi estranei alla propria eventuale attività professionale, industriale, artigianale, commerciale ecc.2 Il creditore deve essere un soggetto che esercita l’attività bancaria ai sensi dell’articolo 10 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o una società’ veicolo di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130;
3 Il credito (debito, per il privato che intende accedere alla rinegoziazione) deve derivare da un mutuo con garanzia ipotecaria di primo grado sostanziale, concesso per l’acquisto di un immobile che rispetti i requisiti previsti dalla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131; deve trattarsi quindi di “prima casa di abitazione”.
4 Il debitore deve avere già rimborsato almeno il 10 per cento del capitale originariamente finanziato alla data della presentazione dell’istanza di rinegoziazione;
5 Deve essere pendente un’esecuzione immobiliare sul bene oggetto di ipoteca, il cui pignoramento sia stato notificato tra la data del 1° gennaio 2010 e quella del 30 giugno 2019;
6 Non vi devono essere altri creditori intervenuti oltre al creditore procedente o, comunque, deve essere depositato, prima della presentazione dell’istanza di rinegoziazione, un atto di rinuncia dagli altri creditori intervenuti;
7 L’istanza deve essere presentata per la prima volta nell’ambito del medesimo processo esecutivo e comunque entro il termine perentorio del 31 dicembre 2021;
8 Il debito complessivo calcolato ai sensi dell’articolo 2855 del codice civile nell’ambito della procedura di cui alla lettera d) e oggetto di rinegoziazione o rifinanziamento non deve essere superiore a euro 250.000;
9 L’importo offerto non deve essere inferiore al 75 per cento del prezzo base della successiva asta ovvero del valore del bene come determinato nella consulenza tecnica d’ufficio nel caso in cui non vi sia stata la fissazione dell’asta. Qualora il debito complessivo sia inferiore al 75 per cento dei predetti valori, l’importo offerto non può essere inferiore al debito per capitale e interessi calcolati ai sensi del punto precedente senza applicazione della percentuale del 75 per cento;
10 Il rimborso dell’importo rinegoziato o finanziato deve avvenire con una dilazione non superiore a trenta anni decorrenti dalla data di sottoscrizione dell’accordo di rinegoziazione o del finanziamento e comunque tale che la sua durata in anni, sommata all’età del debitore, non superi tassativamente il numero di 80;
11 Il debitore deve comunque rimborsare integralmente le spese liquidate dal giudice, anche a titolo di rivalsa, in favore del creditore;
12. non deve essere pendente nei riguardi del debitore una procedura di risoluzione della crisi da sovraindebitamento ai sensi della legge 27 gennaio 2012, n. 3.
La cosa interessante è che se il debitore non riesce a ottenere personalmente la rinegoziazione o il rifinanziamento del mutuo, lo stesso può essere accordato a un suo parente o affine fino al terzo grado, ferme restando tutte le condizioni che abbiamo elencato sopra.
Se il finanziamento è stato concesso al parente o affine fino al terzo grado, il giudice emette decreto di trasferimento ai sensi dell’articolo 586 del codice di procedura civile in suo favore (la casa viene intestata al parente o all’affine).
Però per i successivi cinque anni, decorrenti dalla data di trasferimento dell’immobile, è riconosciuto, in favore del debitore e della sua famiglia, il diritto legale di abitazione nella casa, diritto che varrà nei confronti di tutti perché sarà annotato a margine dell’ipoteca.
Durante questi cinque anni il debitore può, previo rimborso integrale degli importi già corrisposti al soggetto finanziatore dal parente o affine fino al terzo grado, chiedere la retrocessione della proprietà dell’immobile e, con il consenso del soggetto finanziatore, accollarsi il residuo mutuo con liberazione del parente o affine fino al terzo grado. In pratica è possibile chiedere che dopo l’intervento dei parenti la casa torni ad essere intestata al debitore, che dovrà ovviamente continuare a pagare il mutuo rinegoziato sino alla scadenza.
C’è anche un aiuto sul fronte delle tasse: in tutti questi casi le imposte di registro, ipotecaria e catastale relative al trasferimento degli immobili sono applicate nella misura fissa di 200 euro agli atti di trasferimento in sede giudiziale degli immobili e all’eventuale successivo trasferimento dell’immobile residenziale al debitore. Il beneficio decade se il debitore non mantiene la residenza nell’immobile per almeno cinque anni dalla data del trasferimento in sede giudiziale.
La rinegoziazione del mutuo in essere può essere chiesta alla stessa banca che lo ha concesso oppure può essere chiesto un finanziamento, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a una banca terza, il cui ricavato deve essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere, con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e con il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo.
Inoltre, tutte le rinegoziazioni e i finanziamenti di cui abbiamo qui parlato possono essere assistiti dalla garanzia a prima richiesta rilasciata da un’apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147. La garanzia della sezione speciale è concessa nella misura del 50 per cento dell’importo oggetto di rinegoziazione ovvero della quota capitale del nuovo finanziamento.
A questo punto, supponendo che esistano tutte le condizioni e che venga quindi depositata la domanda, cosa succede? A seguito di apposita istanza congiunta, presentata dal debitore e dal creditore, il giudice dell’esecuzione, sospende l’esecuzione per un periodo massimo di sei mesi. Il creditore procedente, se è richiesta la rinegoziazione, entro tre mesi svolge un’istruttoria sulla capacità reddituale del debitore. Però il creditore è sempre libero di rifiutare la propria adesione all’istanza o di rigettare, anche successivamente alla presentazione dell’istanza congiunta, la richiesta di rinegoziazione avanzata dal debitore. In ogni caso in cui sia richiesto un nuovo finanziamento a una banca diversa dal creditore ipotecario, a questa è comunque riservata totale discrezionalità nella concessione dello stesso.
Per l’attuazione completa di questa possibilità di rinegoziazione si attende che – entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge, siano emanati i decreti ministeriali che dovranno definire il contenuto e le modalità di presentazione dell’istanza di rinegoziazione; le modalità con cui il giudice procederà all’esame dell’istanza, alla liquidazione e alla verifica del pagamento delle spese procedurali, all’estinzione della procedura esecutiva e alla surroga dell’eventuale banca terza finanziatrice nell’ipoteca; gli elementi ostativi alla concessione della rinegoziazione o del rifinanziamento e alla stipulazione dell’accordo; le modalità e i termini per il versamento della somma al Fondo di garanzia per la prima casa; le modalità di segnalazione nell’archivio della Centrale dei rischi della Banca d’Italia e negli archivi dei sistemi di informazione creditizia privati.